il problema
Oggi la plastica è il terzo materiale più usato dall’uomo.
Nell’oceano Pacifico oggi si trova una quantità di rifiuti, prevalentemente plastici, pari a 3 volte la grandezza della Francia (1,6 milioni di chilometri quadrati).
La produzione annuale mondiale di plastica è passata dai 15 milioni del 1964 agli oltre 310 milioni nel 2018 (fonte: WWF).
Il consumo mondiale di materie plastiche per contenitori di prodotti per detergenti domestici è stato nel 2018 di 17,70 milioni di tonnellate in crescita del 4,8% medio annuo nell’ultimo decennio. L’area asiatica è la maggior consumatrice di polimeri per l’imballaggio di prodotti detergenti (fonte: plastmagazine).
Le montagne di plastica si riversano nel mondo e nei mari, approdano in discariche situate in Africa o Asia, oppure, disgregate in microscopici frammenti, vengono inghiottite dai pesci del mare e finiscono nella nostra catena alimentare.
Il fenomeno ha assunto proporzioni tali che siamo tentati di parlare di plastificazione del pianeta.
Come è nata questa idea?
Nell’ultimo periodo, alcuni di noi hanno partecipato a iniziative di volontariato ambientale, che ci hanno reso sempre più consapevoli del problema.
Abbiamo raccolto sulle spiagge tantissimi rifiuti di vario genere (bottiglie di plastica, flaconi di detersivi, suole di scarpe, sacchetti di patatine, scatolette di tonno ecc…).
Qui potete consultare un’articolo in merito all’esperienza.
In un crescendo di amarezza, sono nate le prime riflessioni su ciò che l’umanità sta facendo nei confronti della terra su cui vive. Da questi pensieri sono scaturite le prime idee, unite ad alcune considerazioni più di tipo esistenziale e sociologiche.
Come la pensiamo
Siamo consapevoli dei limiti che ha il nostro attuale sistema e al contempo della necessità di trovarne uno alternativo, rispettoso dell’ambiente in cui viviamo.
Troviamo assurdo continuare a comprare prodotto+contenitore,
consumare il prodotto e buttare il packaging.
Questo loop è vizioso e dannoso.
Noi vogliamo rompere questo circolo
per costruirne uno nuovo, eco-sostenibile.
Il nostro è un atto di ribellione quotidiana. È così che reagiamo.
Non con qualche grande atto o nobile, ma nella più piccola delle azioni quotidiane.
Crediamo che la risposta individuale vada di pari passo con quella collettiva.
Attuare un mutamento nelle abitudini personali vuol dire farlo nell’ottica di rompere gli schemi imposti e spingere la società al cambiamento attraverso l’immaginazione e la messa in pratica di un modello di consumo differente e alternativo.